Giorgio Ciofini
Biografia
Giorgio Ciofini è nato e vive ad Arezzo. Laureato in lettere e filosofia a Firenze dal 1975, è stato direttore della Biblioteca e del Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona dal 1977 al 1984. In quell’anno le nozze e la passione per il giornalismo, l’hanno riportato in città. Addetto stampa del Comune di Arezzo fino al 1992 (nel frattempo era nata Martina), è stato direttore amministrativo dell’Ufficio Sport comunale fino al 2007. Negli ultimi anni di lavoro, direttore della Biblioteca consortile fino al 2010, è tornato alle origini. Giornalista pubblicista dal 1982, ha collaborato con il “Corriere di Arezzo”, “La Nazione” e Teletruria ed è stato responsabile di vari periodici locali, a carattere culturale, politico e sportivo. Dal 2010, libero da impegni professionali, ha dovuto e potuto adattare la sua vita alla nuova condizione. Il tempo libero s’era moltiplicato come i pesci. Era il suo sogno. Ma la realtà pone sempre dei problemi, alle volte perfino più grandi dei sogni. Come impiegare al meglio quel tempo diventato libero da un giorno all’altro? È lì che ha cominciato a scrivere “non per il giorno dopo” come aveva fatto per tanti anni, ma per sé stesso. Quando non hai più scuse di fronte alla coscienza e il tempo non si può sprecare, si può decidere di allungare la vita delle parole, per dare un senso alla propria. Allora si è messo a cercare sé stesso attraverso la memoria, nella sua città. Nel luogo dove l’identità singola si trova e si confonde con quella di tanti compagni di strada e sembra quasi che, dietro l’avventura delle parole, cominci una nuova vita. Così sono nati i suoi cani e altre cose che ha nel cassetto e un po’ è rinato anche lui.
Testi / Opere
La Tre’ccani Il Can de Svizzeri, Il Can da l’Agki e il Can de’ Betto è un trittico di opere intimamente connesso, con 100 storie e mille aretini, che non ha niente di enciclopedico. È uno spaccato di gente e di storie nostre, in una lingua nostra, scritte da uno di voi, cioè di noi botoli ringhiosi, per definizione del Poeta Sommo, ch’oramai non ci si spiccica più. Cani, dunque, come testimonianza del carattere aretino, o meglio dei caratteri, ma senza maschere da commedia dell’arte. Tra aretini, non c’è bisogno alcuno d’indossarle, se non in questi tempi di pandemia. A chi ha avuto la fortuna di nascere qui, la maschera gliel’ha fatta Iddio di carne viva e non c’è chirurgo plastico che tenga. Insomma siamo una peculiarità dell’universale umano e su questo non ci piove. Ma perché, vi chiederete, tutta questa insistenza canina? È stato come quando. un tempo, passavi dal banchino de’ la Riccela, davanti ai Bastioni di Sa’ Spirito e compravi un diecino di semi salati. Quando avevi messo in bocca il primo, ti toccava finire il cartoccio. Così è stato. Certo, nell’impresa, c’è anche la voglia di risentire i sapori d’una volta e non dimenticare tanti amici incontrati per le vie di Arezzo, in cinquant’anni e passa. Poi c’è questa città, che ha dato i natali a tanti uomini illustri e ha fatto la storia del mondo. Si, non ho esagerato, anche se non ho il tempo di spiegarvelo. Insomma, per me, ognuno dovrebbe ritenersi Fortunato (che è il nome del mio nonno paterno e il mio secondo) solo per il fatto d’esser nato qui, dove l’Arno ci volta il muso e così evitiamo anche le alluvioni, caro Dante. Alla fine ho dovuto inventare una lingua per i miei cani, che viene da dentro come i ricordi. Di questo aretino contaminato d’italiano, oramai, non posso fare a meno neanche nella presentazione dello straniero, proveniente dalla Svizzera, quasi a preannunciare i tempi in arrivo. Che dio ci scampi e liberi da quel molosso!
La Nostra Giostra e il Palio dell’Assunta Il volume si compone di tre parti. Nella prima si fa un confronto tra la Giostra del Saracino e il Palio di Siena, manifestazioni storiche radicate nella storia delle due città. Alla base ci sono, fino dalle origini, due differenti visioni del mondo. Arezzo è Ghibellina, Siena Guelfa. Saracino e Palio rispecchiano l’una ragioni di stampo cavalleresco, l’altra quelle della nascente borghesia mercantile. Nella seconda parte sono narrati eventi, che hanno animato e improntato la nostra Giostra. Episodi lontani nel tempo, o molto più vicini, che servono a toccare con mano la storia e la cronaca della nostra manifestazione, da Dante “Corridor vidi per la terra vostra, o aretini, e vidi gir gualdane… (Inferno canto XXII)” ai nostri giorni. Nella terza e ultima parte il volume avanza una serie di proposte, sul corteo, sui cavalieri di riserva, sui costumi, sui confini dei quartieri, sul Museo del Saracino, sulla sicurezza, volte a migliorare la Giostra che, negli ultimi anni, è cresciuta non poco nella considerazione generale.